«Io non ti lascio, tu sei mia, mia» le abbaiava all’orecchio in una litania continua. «Ora lo capirai che sei mia... mia...»
Aline cercava di combattere, ma non contro di lui, contro se stessa, contro la tentazione di infilare la dita tra i suoi capelli, stringerlo a sé, forte, come lui stava stringendo lei. Stava lottando strenuamente per non rispondere a quel bacio di cui ricordava così bene il sapore. Sapeva quali effetti devastanti avrebbe procurato sul suo animo in tormenta rispondere a quel bacio: brividi, tremori, morsi al ventre che mai, mai una volta, era riuscita a placare, neppure con il contatto intimo e frequente che la notte suo marito pretendeva da lei. Con George rimaneva ferma ad aspettare che lui finisse, sperando che non insinuasse le mani ad accarezzarle i fianchi, e poi il seno, perché quel fastidio misto a piacere accendeva in lei desideri che immancabilmente la lasciavano delusa.
«Io... tu... Tu!...Tu sei... Ti mancava giusto la mia tacca, alla cintura, eh?» esplose Beatrice. «E ora? Lo vai a raccontare al tuo amico? Dai! Vai subito, così il suo trionfo sarà completo! Vai! Che cosa aspetti? Sei ancora qui? Vaglielo a dire, quanto è disperata e sola la sua ex!»
«Sì, hai ragione, sei la sua ex, sei solo quello» replicò Giuliano con un’aria indisponente.
Beatrice strinse gli occhi a fessura ad arginare la rabbia feroce che l’aveva assalita. Era pronta ad attaccare, come un animale ferito che cerca l’ultima via di fuga.
«Adesso la sua donna è la madre di suo figlio, se ancora non lo sapevi».
«Tranquillo, lo so, mi hanno informata» ruggì. «E se la sposa! So tutto, anche se non chiedo e se non voglio, mi raccontano lo stesso. E so anche che gli farai da testimone. Da te-sti-mo-ne!».